that Santa Fe
Is less than ninety miles away,
And I got time to roll a number
and rent a car.
Oh, Albuquerque.
I've been flyin'
down the road,
And I've been starvin' to be alone,
And independent from the scene
that I've known.
Albuquerque
Mi ha sempre colpito la storiella raccontata dalla stesso Neil Young, di quando scrisse Cowgirl in the Sand con 39 di febbre. Io con 39 di febbre – e oggi ne avevo 38 e poco più – sto disteso a roteare gli occhi verso il soffitto. E impreco. Ma ho precise sensazioni di distacco dal corpo, la mente che se ne va altrove. Per cui non ho dubbi che una personalità geniale come Neil Young possa scrivere una canzone memorabile con 39 di febbre. E’ così che anche oggi sono finito in quel territorio, tra occhi stanchi e Albuquerque.
A sfatare la teoria che quelli che riteniamo i più grandi dischi della storia siano quelli che abbiamo ascoltato in particolari condizioni, specialmente durante la nostra adolescenza, dischi i quali ci restano dentro per sempre per un legame affettivo più che per un giudizio oggettivamente critico, Time Fades Away e Tonight’s the Night all’epoca, gli anni 70, li odiavo cordialmente. Erano la bruttura fatta musica, specialmente per chi riteneva le sonorità di Harvest le perfette sonorità che fanno un disco grande-grandissimo. Era quello che dicevano (e ancora dicono, peraltro) tutti: Harvest “è” il disco perfetto di Neil Young. In quei due dischi invece c’era tutto quello che non va in un disco: il primo, un live, conteneva solo pezzi inediti e manco un brano noto, insomma non era la classica raccolta di successi in scintillante veste live. Il secondo era la stonatura fatta canzone, l’accidente fatto sound, la bruttezza sonica, canzoni che erano scempi di canzone. Mi ci sono voluti decenni per capire che, insieme a On the Beach, in realtà si trattava di una trilogia straordinaria, i tre dischi migliori di Neil Young e tre dei più grandi dischi di tutti i tempi. Ne ho parlato già altrove, tempo fa.

Ma certo che la febbre dà capacità audio tutte sue. Per cui, in una mossa dettata non da me stesso ma da un altro me stesso che abitava oggi il mio cervellino assalito dalla febbre, ho ripescato la versione gold su cd di Time Fades Away (eh sì lo so non è mai stato ristampato su cd... invece no, Young ne assemblò una rimasterizzazione da urlo anni fa, poi decise di non farla uscire più sul mercato. Ne esiste una copia sola al chiuso di una nascostissima cassaforte, ma sarei io il più grande critico musicale dell’universo se non ne avessi una copia? Lo sarei lo stesso, però c’ho anche una copia di Time Fades Away rimasterizzato su cd) che per un momento nel panico non riuscivo più a trovare, e ho mandato in loop per mezz’ora circa Last Dance.
Il più terrificante urlo di disperazione probabilmente raccolto su cd, con quell’impestato riff di chitarrone e quel fottutissimo godurioso drumming di Johnny Barbata che non c’è mai più stato un batterista così. Per buona misura ho messo su anche Don’t Be Denied, che già mi piaceva trent’anni fa. E tanto fa tanto che il mio viaggio psyco-febbrile mi ha portato a estrarre un altro cd. Tonight’s the Night sarebbe stato troppo scontato, ma in realtà non ero io a decidere quali cd tirare fuori oggi pomeriggio. Così mi si è infilato nel cd player un bootlegaccio, live in Miami 1973 della premiata “Too Drunk Too Fuck” label (più che una label, un motto: il mio). Dentro c’è praticamente tutto Tonight’s the Night dal vivo – già lo sapevate – ma ancora più terrorizzante di quello in studio. Come spacca. L’anima. Il cuore. E qualcos’altro. Un Concerto come Questo. E mi fate ridere, davvero ridere, voi che vi eccitate con quanto esce su disco o ascoltate dal vivo nel 2011. Era il 1973, l’ultimo anno di grazia del rock’n’roll e lo so che London Calling sarebbe uscito nel dicembre 1979 così facciamo una eccezione. Era uno degli ultimo colpi fantasmagorici del rock’n’roll. Ok, perché doveva ancora venire Patti Smith.Così sto ancora viaggiando tra Albuquerque, e mi rollo un altro “numero” prima di prendere la strada. Ho fatto fuori la mia carta di credito per un pieno di illusioni, gli occhi stanchi, stanchissimi. Baby mellow my mind. Che neanche tu baby puoi farlo. Solo la musica può farlo. Per cui portami ad Albuquerque e lasciami lì. E fai che la febbre non mi passi mai più.







