«Se a qualcuno non piacciono le chitarre elettriche, si alzi pure ed esca. In questo film ci sono un sacco di chitarre elettriche». A dirlo è il regista Jonathan Demme (“Il silenzio degli innocenti”, “Philadelphia”), presente in sala per introdurre il suo ultimo lavoro, in anteprima europea, appositamente per il Milano Cinema Festival.
Il film è “Neil Young Journeys” («Sullo schermo vedrete ancora il vecchio titolo, “Neil Young Life” spiega Demme “ma Neil ce lo ha fatto cambiare perché pensava fosse troppo celebratorio»), due ore sul palcoscenico con uno dei massimi autori della storia del rock. Non solo palcoscenico: Neil Young accompagna lo spettatore nei luoghi della sua infanzia, quel Canada da dove si allontanò per diventare una star, ma che è rimasto sempre nel suo cuore, come testimonia sui titoli di coda la struggente Helpless, brano che cita l’Ontario, la sua regione di provenienza.
Jonathan Demme alla prima di Neil Young Journeys
Demme è simpatico e sbrigativo, scherza con il pubblico («È venerdì, abbiamo tutti passato una dura settimana di lavoro, ecco un bel modo per andare incontro al weekend») e presentando il suo terzo film su Neil Young, dimostra non solo il suo amore per la musica rock, ma quanto essa sia parte indissolubile della cultura americana: «La musica è una parte così inevitabile della realtà, le nostre vite ne sono pregne». Però “Neil Young Journeys” non è un documentario biografico, almeno non il solito: è un viaggio, appunto.
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1 comment:
fantastico
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