Tuesday, April 15, 2008

Dostojevski si è fermato nel New Jersey

Agente dell’FBI: “Signor Soprano, abbiamo qua una cassetta (con intercettazioni telefoniche, nda) interessante, la vuole ascoltare?”.
Tony Soprano: “Se è l’ultimo di Springsteen, l’ho già ascoltato”

Finalmente, a spizzichi e bocconi come si usa dire, sono riuscito ad arrivare alla quinta serie de I Soprano, che in Italia per vedere qualcosa di intelligente alla tv devi fare i salti mortali tra una rete televisiva e l’altra, visto che sospendono un programma se “gli ascolti” non sono analoghi a programmi pestilenziali come “Amici” e compagnia (brutta) e li continuano, anzi li riprendono dall’inizio, su di un altro.
In America è finito da tempo, so già come finirà l’ultima puntata dell’ultima serie – la sesta -, ma questo non esclude l’apprezzamento per quello che probabilmente è il miglior serial televisivo mai fatto. Ovviamente io sono solo l’ultimo a dire ciò. Vanity Fair, ad esempio, l’ha definito “perhaps the greatest pop-culture masterpiece of its day”. L’inglese Channel 4 l’ha definito “the greatest television series of all time”.
Certo, essendo un prodotto televisivo “a lunga scadenza” (che, cioè, dato il successo iniziale deve essere tirato a lungo il più possibile per continuare a tenere incollati gli spettatori a ogni nuova puntata) alcuni episodi sono piuttosto banali ed evitabili. Rimane il filo rosso che segna tutta questa serie, quello che ne disegna il contenuto in modo avvincente e mai visto in un’opera del genere, attraverso storie improbabili di mafiosi che sognano di diventare scrittori, altri mandati ad ammazzare un traditore della famiglia, si perdono in un bosco d’inverno e rischiano di morire di freddo; amanti tradite con altre amanti e via così.
Ma è il tema del serial che torna prepotente in ogni episodio: che cosa è il male e che cosa è il bene? Qual è il significato vero di morale? Se faccio una cosa cattiva a fin di bene, posso comunque essere giustificato? E se continuo a fare del male, ma desidero ardentemente il bene, troverò alla fine la salvezza? Oppure il male che faccio mi sovrasta e sono destinato a sprofondare sempre di più? Sono, a guardare bene, i grandi temi svolti da un gigante della letteratura come Dostojevski, in capolavori come Delitto e castigo. Che tutto ciò trovi spazio in una serie televisiva è a dir poco stupefacente. Specie se ricca di humor e grandi prestazioni degli attori.

Tutta la serie televisiva pone l’(apparente) assurdo di una situazione (apparentemente) inconcepibile: un mafioso che esce al mattino di casa come noi quando andiamo in ufficio, svolge il suo lavoro con efficienza (cioè riscuotere tangenti, sfruttare povera gente, ammazzare qualcuno che crea problemi, tradire con nonchalance la moglie) poi torna a casa e si preoccupa che la consorte abbia avuto una giornata serena e che abbia potuto fare lo shopping adeguato, che i figli abbiano studiato e si siano comportati bene, che si possano iscrivere in qualche prestigiosa università e che i problemi familiari o economici degli amici siano risolti. Questo evidente contrasto non può durare a lungo, i conti non tornano, la realtà sfugge di mano: i figli ti mandano a quel paese, la moglie scopre le amanti, la madre getta in faccia al figlio il rancore per una vita vissuta in modo odioso, i sensi di colpa spuntano ogni due per tre e allora il buon mafioso va in psicanalisi. Senza cavare un ragno dal buco, tranne tormentarsi sempre di più.

Sembra una situazione fuori dal normale, invece non è così. A livelli diversi, certamente non estremi come la vita di un mafioso, quella dei Soprano è la realtà in cui ci sbattiamo tutti quanti. Nel momento che non esiste più una morale, ma solo del moralismo, siamo tutti come Tony Soprano. La grandezza di questo telefilm è che ci sbatte in faccia tutte le nostre meschinità, in ogni puntata facendoci vedere qualche nostra angolatura che non avremmo mai voluto ammettere. È infatti dalla quotidianità delle piccole cose che si evince il motivo per cui poi viviamo la vita intera. Perché anche i mafiosi – partendo da una certa morale – sono persone “oneste”: “Siamo in guerra, siamo dei soldati che hanno giurato fedeltà a dei valori. E per questo combattiamo” dice a un certo punto Tony Soprano a un suo sottoposto che gli pone il dubbio sulla “moralità” di quello che stanno facendo. Perciò essi sono giustificati qualunque nefandezza si preparino a compiere. Quello che fanno, lo fanno per un bene (che hanno deciso loro quale sia questo bene).

Lo diceva Dostojevski: “Le ragioni dell'omicidio vanno dunque ricercate nella morale che esclude ogni forma divina e che giustifica l'affermazione individuale attraverso il diritto sulla vita altrui”.
E lo ha detto benissimo Luigi Giussani: “La corruzione della moralità - oggi particolarmente in voga - si chiama moralismo. Il moralismo è la scelta unilaterale dei valori per avallare la propria visione delle cose. Normalmente gli uomini capiscono che, senza un certo ordine, non si può concepire la vita, il reale, l'esistere. Ma come definiscono quest'ordine? Considerando la realtà secondo i vari punti di vista da cui partono, la descrivono nei suoi dinamismi stabili e mettono in fila un seguito di principi e di leggi, adempiendo i quali sono persuasi che l'ordine si crei. Ecco allora che si scandiscono, in ogni epoca, le varie proposizioni analitiche in cui la riflessione distende le sue pretese: “Bisogna fare così e così”.
In questo modo, anche il mafioso diventa onesto. In questo modo si possono giustificare i più orribili genocidi compiuti a difesa di qualsivoglia visione ideologica. Oppure, molto più banalmente, è ok tagliare la strada in macchina a chi sta facendo la coda e poi anche passare con il rosso. E se sei così sciagurato da attraversare le strisce mentre sto arrivando io, peggio per te. Perché sono io che definisco l’ordine dei principi e delle leggi.
Invece la morale, quella vera, ci è data: è voler bene alla verità più che a se stessi. Ma di questo elementare concetto non ne parla più nessuno.

16 comments:

zuma66 said...

Avevi detto che non parlavi per una settimana e invece ti metti a citate Dostojeski. Meno male che eri incasinato.
A quando l'analisi delle elezioni?
Ciao e buona giornata

Paolo Vites said...

è che c'ho nel cassetto un sacco di pezzi che nessuno mi pubblica...

analisi delle elezioni? perché, ci sono state dele elezioni?

Anonymous said...

sì, tony soprano è il nuovo presidente del consiglio e fra un po' della repubblica

Luca Skywalker

Spino said...

Grandissima serie. A maggio esce finalmente la prima serie per l'Italia.

Paolo Vites said...

su dvd vuoi dire?

Fausto Leali said...

Come è vera questa cosa che la verità ci è data.
E come è vero che dobbiamo amarla più di noi stessi.

Questo è il desiderio.

E questo è rispondere all'Amore con l'amore.

Grazie per il post

Spino said...

si Paolo in DVD

Anonymous said...

Caro Paolo, tutto valido e condivisibile a parte un aspetto che non mi convince...è che ne ho discusso così tante volte che ho capito che è meglio lasciar fare a Chi di dovere.
L'adesione alla Verità: io e don Giussani (e miliardi di altri esseri umani) non abbiamo paura a chiamare quella Verità col Suo nome,ma quanti, pur avendo visto, sentito, toccato non l'hanno riconosciuta? A quelli lì cosa possiamo spiegare?Forse solamente che siamo dei privilegiati...
Un abbraccio e tanta stima.
Federico(Bo75)

Fausto Leali said...

L'adesione alla Verità e coloro che non l'hanno riconosciuta....
Mi perdonerà, spero, Federico, se provo a dire la mia, anche se la sua domanda è diretta a Paolo.

Il fatto è che leggere la sua obiezione mi ha fatto venire in mente un'obiezione che un giorno mi fece un mio amico, chiedendomi ragione su una questione che riguarda il "dialogo".

L'amico mi chiese : "se sono sicuro che il messaggio di Cristo è vero e valido, come posso rapportarmi con chi nega tale verità, come posso accogliere chi spesso propone ideali del tutto antitetici ai miei? "

A me venne da rispondere così e mi si perdoni la lungaggine, ma questa è davvero la mia esperienza personale:

"(...) Quando penso al testamento di Gesù “Che tutti siano una cosa sola” (Gv 17,20) non riesco a pensare a chi mi sta di fronte in una dimensione differente da quella dell’Amore.
Come dire che Dio chiede a me di relazionarmi col prossimo con questa modalità, senza secondi fini, fossero pure quelli di giungere alla condivisione della fede in cui credo, al resto pensa Lui.
Ricordo anni fa quando una illustre e santa persona, morta di tumore nel 2001, descrisse una propria modalità di vivere l’amore evangelico che mi rimase impressa e di cui faccio tesoro ancora oggi.
Egli disse – più o meno – che costruire rapporti d’amore significa amare colui che mi sta di fronte nell’attimo presente. Questo amore, questo uscire da me stesso, questo amare per primo, questo amare senza giudicare, comporta una risposta che può essere un rifiuto o un’accettazione. Se è un rifiuto è la nascita di Gesù crocifisso e l’abbraccio a quel Gesù è sempre un Gesù riconosciuto e perché riconosciuto quel Gesù emana lo Spirito Santo che raggiunge anche quella persona espressione del rifiuto. Lo raggiunge in un modo misterioso, a noi sconosciuto, ma lo raggiunge.
Se invece c’è un gesto d’accettazione, indipendentemente dal fatto che lui sia o no cristiano, per il semplice fatto che c’è una manifestazione di reciprocità, nasce la presenza di Gesù tra le persone, perché anche lui è uscito da se stesso e, in qualche modo ha abbracciato Gesù crocifisso. Questo è solo un seme, ma portato avanti genera frutti che possono essere grandi.
Tutto qui, senza desiderio di un nuovo sincretismo religioso e fedeli – certamente – al sì sì no no del Vangelo.
Perché amare il prossimo è anzitutto essere fedeli alla Verità che la provvidenza ti ha fatto incontrare"

Mi si perdoni la lungaggine - lo ripeto - ma questa è lo sola risposta che personalmente riesco a dare alla domanda: "A quelli lì cosa possiamo spiegare?"
Come a dire: a "spiegare" ci pensa Lui...

ciocco72 said...

cos'e' siamo in seminario?
gia' scoprire che il maggior o quasi estimatore di Dylan e Neal Casal e' invischiato con CL non fa star bene... ma poi parlare da preti no! dai! please!

Paolo Vites said...

"puoi essere un prete e suonare rock'n'roll"

(bob dylan)

ciocco72 said...

e ci voleva tanto?

Paolo Vites said...

ciocco, lo spazio dei commenti in un blog, almeno per come la vedo io, è essenzialmente quello di criticare o discutere a proposito del post fatto dall'autore del blog - vorrei evitare che invece diventasse una specie di msg board dove ognuno discute con il commentatore precedente - inoltre non è obbligatorio leggere i commenti o essere d'accordo con i commenti degli altri

ovviamente è obbligatorio essere d'accordo con quello che scrivo io :-))

cheers

Anonymous said...

"ovviamente è obbligatorio essere d'accordo con quello che scrivo io :-))"


deo gratia.


andrea

Fausto Leali said...

Ciocco72, il mio non é parlar da seminario, solo riportare la mia esperienza personale, col desiderio di condividerla, che un bel post come questo di Paolo ha suscitato in me.
Tutto qui.
Senza intenzione di dar fastidio a nessuno - anzi! - ma anche senza timore di andare in profondità nelle cose.

E poi non aggiungo altro, se no diventa il Msg Board :-))

ciocco72 said...

yes sorry...
mi piego al volere di paolo e naturlmente sono d'accordo!
:-P
hihihi

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