Nel suo viaggio di scoperte musicali, mia figlia sta facendo dei bei passi avanti. Anche se non ha ancora il coraggio di rinnegare il suo amore per i Tokio Hotel, l’ho beccata questa estate a scaricarsi mezzo catalogo dei Metallica.
Poi l’altro giorno mi ha chiesto se le compravo Appetite for Destruction dei Guns n’ Roses perché – buon sangue non mente – ha già capito che la musica è meglio ascoltarla dai dischi originali, e non con quelle ciofeche di mp3.
Erano vent’anni – uscì nel 1987 – che giravo attorno e poi mi allontanavo da quel disco dei Guns con l’aria da nerd-snob quale in fondo sono, soprattutto per colpa delle riviste musicali che ho letto in gioventù (quando in Italia scoppiò il punk, noi leggevamo di David Bromberg e bluegrass music, che per carità sono un artista e un genere favolosi, ma insomma, ho scoperto il punk quando questo era già finito). Però in fondo in fondo mi sono sempre piaciuti, i Guns, almeno quel loro primo disco. Non erano il solito gruppo di hair rock cazzuto di quel periodo. Per intenderci, non erano i Bon Jovi.
Quando vidi la prima volta il video di Paradise City pensai, sembrano una versione punk dei Lynyrd Skynyrd. Riffoni che pescavano nella tradizione rock-blues, lunghi assolo di chitarra che si rifacevano appunto alla scuola del southern rock, e un cantante fuori dalle righe, pazzo, ma con una energia che ha visto pochi paragoni. E capacità di scrivere grandi canzoni. Canzoni che disturbano, come devono essere le grandi canzoni.
Così le ho preso il cd, e l’altra sera ce lo siamo sparati a manetta. A risentirlo oggi ha certe ingenuità di suono tipiche di una produzione alquanto scarsa, ma che tiro: Welcome to the Jungle, Paradise City e Sweet Child sono tre delle migliori canzoni degli ultimi vent’anni. E tutto il disco si ascolta senza pause, dall'inizio alla fine. Altro che U2 (stiamo parlando degli anni 80, no?) che hanno sempre azzeccato due, tre canzoni a disco e basta. Rimpiango di non aver mai visto Axel e soci dal vivo.
Erano troppo tossici per durare a lungo, ed è meglio così: un solo disco memorabile, un gran botto e via. Però hanno lasciato un segno. Non so di quante band degli anni 80 oggi valga ancora la pena ascoltare un disco. Un’altra a dire il vero c’è, l’ho riscoperta questa estate, anche loro durarono pochissimo e a differenza dei Guns non se li filò quasi nessuno. Ma erano straordinari, specie il loro ultimo disco, uscito nel 1989. Stay tuned, ne riparleremo.
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9 comments:
Beh, non tutto quello che emerse negli '80 fu poi così da buttar via, dai!
Io, per esempio, sono tuttora affezionato alle band che espressero il loro talento all'interno del Paisley Underground...
ci arriveremo nelle prossime puntate...
i Dream Syndicate hanno fatto l'ultimo disco nel 1989... :-)
PS che rompic.. che sono, vero?
ti stai riferendo a "discipline", "beat" e "three of a perfect pair" dei king crimson, vero?
tre dischi BAM, BAM, BAM e poi sparire...
:-)
pierluca.
p.s.
ma l'ultimo disco è dell'84 non dell'89.
il problema dei king crimson come di tanti altri gruppi rock è che non sono mai spariti dalle p....
:-))
A proposito di Bon Jovi:
"Jon Bon Jovi e il suo quartetto non fanno che rendere piu` elettrico e romantico l'esistenzialismo viscerale di Springsteen e di Mellencamp, adattandolo alla tradizionale ballata sentimentale per teenager. L'anima del suo pop-metal e` il buon vecchio blues-rock, e il suo vocalismo discende direttamente da quello degli shouter e del gospel per tramite dell'AOR. Ma Bon Jovi raramente si attiene a quel modello, preferendo sconfinare nel mondo della ballad romantica. Le sue ballate sono arrangiate in maniera sontuosa, con tastiere elettroniche e contrappunti fra chitarra acustica ed elettrica (quella acrobatica di Richie Sambora)".
Indovina chi l'ha scritto. E' facile.
andrea
mmm... greil marcus? dave marsh? robert christgau? jann wenner? ciccio pelliccio?
ma lascia stare quegli scalzacani... mi riferivo all'unico e il solo, pierino da Palo Alto!
andrea
ah pierino.... pensavo fosse il nostro amico di rock on line...
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