Sunday, November 15, 2009

You'll never rock alone (Wilco, via Chicago)

You hurt her but you don't know why
You love her but you don't know why
Short on long term goals
There's a party there that we ought to go to
Do you still love rock and roll?

(Misunderstood, Wilco)

Alla fine mi sono anche comprato la sciarpetta di lana, tipo quelle dei tifosi inglesi, che invece della scritta classica "you'll never walk alone" ha su "you'll never rock alone". Perché sì, come mi disse una volta lo stesso Jeff Tweedy, non c'è nulla di più simile a una comunità, come quando si va (o si andava) in chiesa, di trovarsi a un concerto rock. Un tutt'uno, un momento in cui si fondono le migliaia di persone là sotto e i performer sul palco, catarsi e telogia del rock (che d'altro canto i Wilco in repertorio hanno anche una canzone che si intitola Theologians). Io invece ieri sera al concerto dei Wilco non mi sentivo parte di nessuna comunità e mi sono sentito solo, sarà perché ho troppi cazzi miei per la testa, sarà per quelle assurde poltroncine che vanno bene per i puffi e non per un adulto, con le ginocchia nelle gengive e mi domandavo come si fa a sentire un concerto di musica classica in quelle condizioni e questo è pure il Conservatorio di Milano. Per quello mi sono comprato la sciarpa dei Wilco, per fare memoria che non si vive il rock'n'roll da soli.

E allora, proprio perché avevo troppi cazzi miei per la testa, mi sono anche permesso di fare il critico, che quando facevo il critico per davvero me ne fottevo bellamente e mi godevo la musica: sempre fantastici i Wilco, è sempre "il" concerto rock da vedere oggigiorno, però hanno raggiunto anche loro il limite oltre cui basta. Da quando li vidi per la prima volta nel 1998, ai Magazzini Generali e con ancora il povero Jay Bennett in formazione, è sempre stata una ascesa, una sfida nuova verso cieli sempre più alti. Chissà cosa inventeranno questa volta, ti domandavi prima che salissero sul palco. Ieri sera hanno replicato nota per nota il concerto di tre, quattro anni fa, quando fecero uscire di senno i coraggiosi presenti in un Palatrussardi mezzo vuoto, segno che anche per i Wilco la corsa è finita e che quello che bisognava raggiungere, scovare tra le pieghe della musica, è stato trovato e adesso va bene così. Lo dimostra anche il fatto che abbiano quasi del tutto ignorato l'ultimo, recente disco, quello del cammello: come dire, è un disco inutile anche per noi.

Ed è segno di questo anche il fatto che il momento più spettacolare e coinvolgente rimanga sempre la stratosferica versione di Misunderstood, un pezzo che ha sulle spalle la bellezza di 13 anni. E sarebbe anche l'ora che i critici, quelli veri, quelli illuminati (mica io) si decidessero a inserire questo pezzo tra le 10 più grandi canzoni rock di tutti i tempi, tra Like a Rolling Stone, Satisfaction e Born to Run. Perché Misunderstood è davvero tale, dalle liriche che dicono tutto quello che c'e da dire su cosa è la trascendenza della musica rock, liriche che sanno ancora porre la domanda esistenziale decisiva: ma a te piace ancora, il rock'n'roll? Cioè, è ancora quella cosa che al di là della miseria e delle sconfitte della tua vita sa definirti e farti puntare lo sguardo in alto? E poi per la musica, con quelle esplosioni e quell'infinita sequenza di stop and go: ieri sera il mio amico ne ha contati 32, dce che l'ultima volta erano 34. In questo video io ne ho contati 37. Da paura.Tra le delicatezze jazzy di Impossibile Germany, il punk di I Am a Wheel, l'adrenalina di A Shot in the Arm, la poesia di Jesus etc, i Wilco dal vivo sono un'orchestra rock, fatta di riff, assoli di una nota sola, incursioni elettroniche, catastrofi rumoristiche in crescendo che neanche John Cage, che chiudi gli occhi e ti trovi catapultato alla fine dei mondi. E poi California Stars, tanto per dire da dove veniamo, e la perfezione melodica di Via Chicago e tanto altro. Fin troppo.

Che Dio benedica i Wilco, l'ultima grande american rock band. Dopo di loro, nessuno. Io intanto, giro per casa con la sciarpa dei Wilco, e cerco di rispondere alla domanda, anzi la Domanda: do you still love rock and roll?

26 comments:

Fausto Leali said...

Sei sempre troppo avanti. Grande show, comunque, almeno per me che era la prima volta che li vedevo dal vivo.
Ah, e poi .. it was nice to meet you. :-)

Maurizio Pratelli said...

Si si si, Dio benedica i Wilco e i loro stop and go. E sai che ti dico, Paolo? Ieri commentavamo (sottovoce) che The Album non era poi un granchè, beh oggi ti sei riascoltati Bull Black Nova, One Wing e dintorni.

Skywalkerboh said...

Tienila stretta, quella sciarpa... pochi sono i gruppi per i quali vale davvero la pena di metterla al collo

Luca

ciciuxs said...

va beh che ero in trance ma sbaglio ho hanno fatto ben 6 canzoni dell'ultimo album che ne ha 10? averne di dischi così...........

ThinkingHarp said...
This comment has been removed by the author.
ciciuxs said...

va beh che ero in trance ma sbaglio ho hanno fatto ben 6 canzoni dell'ultimo album che ne ha 10? averne di dischi così...........

ThinkingHarp said...
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Anonymous said...

Ciao Paolo, ammetto, pur'io mi sono sentita sola. Non senza difficoltà, anzi con molta fortuna, alla fine mi sono trovata in prima fila, praticamente faccia a faccia con Jeff. Ma fin dal suo ingresso qualcosa non ha funzionato: l'allarme è scattato non appena l'ho associato, ahimè, ad un Vasco riuscito bene. Era perso. Ma era tutta la band a trasmettermi un senso di ansia: dal, seppur bravo, spiritato chitarrista al tastierista, dal biondino che non c'entrava un tubo al bassista, visibilmente spaesato. Tra l’altro, Jeff dopo 4-5 canzoni ha iniziato a guardare negli occhi il pubblico, in particolare le prime file, e m'è salita ancora di più l'angoscia: mi sono sentita avvolta dalla cupezza che si porta dentro. E’ vero che bastava l’accenno di un suo sorriso o una frase chiusa in quel suo modo per capire che c'era un senso nello stare lì; ma quei capelli in avanti li aveva x contratto? Mi sono chiesta: sono di cattivo umore o, magari, con un'altra set-list sarebbe andata meglio? Con questa domanda mi sono incamminata sotto la pioggerellina, mentre 'Far,far away' andava in automatico nella testa. Tirando le somme, pochi momenti da ricordare, ma, come x Obama, nel mio I-pod ci saranno sempre molte canzoni dei Wilco.

Mariella

anna said...

conta e se conta quello che stai passando nella vita.... (oggi ho pianto di dolore) ma davanti quei 6 uomini non sparisce l'inquietudine che hai dentro e non è sparita ieri sera, ci si è mescolata. Spaccano i Wilco, spaccano quello che si vorrebbe lasciare intatto.
grazie d'avermeli fatti conoscere

Paolo Vites said...

mariella ti capisco. tutte le volte che ho visto i wilco (parecchie, grazie a dio) jeff tweedy mi aveva sempre comunicato il sentimento di essere sul palco con una missione: salvare la sua vita e quella del suo pubblico. l'altra sera - anche io ho notato quei capelli 'da contratto' - mi sembrava solo intento a fare il suo mestiere con grande abilità. il che è comunque molto di questi tempi.

Maurizio Pratelli said...

non sono d'accordo sul sorriso da contratto. Jeff è un musicista che ce l'ha fatta e pur con tutte le sue inquitudini piano piano si è sciolto con un sorriso anche sul palco E le sue canzoni sono sincere. E' questo che conta. Paolo, me lo hai insegnato tu.

Unknown said...

Ne ho scritto anch'io sul mio blog:
http://lucianoidefix.typepad.com/
Ho 55 anni e per gli Wilco stravedo. Tra l'altro, mettono insieme due delle mie passioni rockettare (il Neil Young più elettrico e il Ray Davies più melodico). Inoltre, con Jeff Tweedy ho (purtroppo) in comune un guaio l'emicrania, ed entrambi siamo stati in clinica a disintossicarci dai farmaci (i triptani). Però (grazie a questo fatto) in alcuni pezzi (ad esempio Via Chicago) riconosco i sintomi di una crisi emicranica.
Comunque, al di là di questo, sabato a Milano, ottimo luogo, bel pubblico, grande band, eccellente concerto, Nels chitarrista geniale, concerto indimenticabile.
Rock'n roll never die.

ciocco72 said...

azz che criticoni!
il mio piu' bel concerto dell'anno
almeno credo.
Certo sono 'troppo' perfetti a volte, ma e' una cosa negativa?
mah!

Paolo Vites said...

capelli da contratto, non sorriso

Spino said...

che cazzo di serata!
concerto pazzesco.

Fausto Leali said...

Se non sbaglio i conti, ne hanno fatte 4 dall'ultimo disco. Ecco la setlist della serata:

1. Ashes Of American Flags
2. Remember The Mountain Bed
3. Company In My Back
4. Bull Black Nova
5. You Are My Face
6. I Am Trying To Break Your Heart
7. One Wing
8. A Shot In The Arm
9. Side With The Seeds
10. Deeper Down
11. Misunderstood
12. Impossible Germany
13. Via Chicago
14. California Stars
15. Handshake Drugs
16. Sonny Feeling
17. Jesus, Etc.
18. Hate It Here
19. I'm The Man Who Loves You
20. Hummingbird

Encore 1:
21. The Late Greats
22. Heavy Metal Drummer
23. Poor Places
24. Reservations
25. Spiders (Kidsmoke)

Encore 2:
26. I'm A Wheel

Fausto Leali said...

Qualche considerazione molto personale.
Io ero in quart'ultima fila: da laggiù si faceva fatica a vedere sorrisi, capelli o quant'altro.
Cosa significa? Per me vuol dire attenti alle congetture.
In altre parole: comunque siano saliti Tweedy e gli Wilco sul palco, comunque ci siamo arrivati noi, ciò che conta é che ciascuno aveva un "tu" di fronte.
Quello che conta é ciò che dici all'inizio del post, quel You'll never Rock Alone che leggo meglio nella versione dell' You'll never Walk Alone, che é molto meglio perché c'entra con la vita.
Vita che é ancora una volta quel tu, cioé l'altro che hai di fronte, con cui entri in rapporto, dal quale non puoi prescindere. E che, se sai comprendere quanto é importante, dà un senso alla tua giornata, diviene preludio alla felicità vera, ambito e luogo nuovo dove le tristezze dell' "io" che pretende di camminare da solo si sciolgono come neve al sole.

Paolo Vites said...

thank you fausto

Francis the talking mule said...

Io ero la fila davanti a Fausto (tiè!) ed ho notato l'evidente imbarazzo iniziale. Ma la lettura di questo atteggiamento è molto semplice, a mio avviso. E' tutta nella distanza linguistica, come lui stesso ha dichiarato quasi scusandosi quando ha detto "Generalmente è meglio che io non parli..... figuratevi se poi dovessi parlare in un altra lingua", ovvero non in inglese.
Basta poi vedere alcuni loro filmati per capire che qull'atteggimaento è quello che hanno normalmente nelle loro esibizioni live. Inoltre, normalmente, la gente non è così calda ai loro concerti e secondo me la cosa gli ha messo un po' di ansia addosso. Grandi musicisti e, anyway, grandi professionisti: sicuramente avevamo MOOOOLTE pose da Rock Star, in particolare il chit. ed il chit.\piano biondo.

Silvia Minerva Fumagalli said...

Ho visto il concerto dalla terza fila, posto 34. Ho avuto Jeff Tweedy davanti per due ore e venti minuti e mi dispiace, ma dissento con le critiche che avete mosso.
State cercando delle imperfezioni dove delle imperfezioni, purtroppo per voi, non ci sono.

Intanto, "anche per i Wilco la corsa è finita" cosa?! No, non credo proprio. Certo, uno stile che si è consolidato negli ultimi due album è innegabile, ma hanno sempre saputo reinventarsi, cosi come, allo stesso tempo, hanno sempre saputo mantenere altissimo il livello delle loro performance live.
Era lo stesso concerto di 5 anni fa? Benissimo, trovatemi un altra band che dopo un lustro sa trasmettere la stessa forza, energia, insomma, che sappia spaccare i culi. Così. Come loro. Per due ore e venti. Con una setlist che cambia ogni sera (vi consiglio una visitina a www.wilcobase.com per cucirvi la bocca in merito al fatto che abbiano fatto solo 4 pezzi sa Wilco the album, quando poi, in altre venues, ne fanno 6/10).

Pose da rockstar? Ciuffo da contratto? PUAH! E' salito sul palco un Tweedy pietrificato ed è sceso un Jeff sorridente, sciolto, soddisfatto.
Le critiche non se le meritano proprio.

I will never rock alone... e nessuno me l'aveva mai detto in modo altrettanto epico.

Paolo Vites said...

chissà se avessi detto che è stato un brutto concerto. ho anche detto che è l'unico concerto rock che oggi vale la pena andare a vedere.

ma siamo alle solite: chiacchiere da bar dello sport

Paolo Vites said...

forse è la prima volta che capiti qui, Minerva (bellissimo nome):ti invito a leggerti qs post per capire cosa rappresentano per me i Wilco:

http://gamblin--ramblin.blogspot.com/2009/05/wilco-will-love-you-baby.html

Silvia Minerva Fumagalli said...

Ciao Paolo, sì, è la mia prima volta qui e scusa se entro in scena con un commento dal retrogusto un po' acido, però è come se mi avessi fatto lo sgambetto mentre correvo su un arcobaleno (si, è da 4 giorni che sostengo di essere entrata in una nuova fase della vita dopo averli visti dal vivo).
Io sabato sera sono morta e risorta... e quel paio di critiche che vengono mosse nei loro confronti mi fanno arrabbiare.

Bell'articolo, l'altro. Grande uomo, Tweedy.

Paolo Vites said...

you welcome

Francis the Talkin' mule said...

Oddio con buona pace vostra, sia di Paolo che di Minerva, le pose da Rock-Star esistono. Con buona pace vostra non tutte le sere uno ha voglia di salire sul palco e far stare bene o spaccare il cuore di una sconosciuta che sta in terza fila. Nels Cline, il chitarrista, ha abusato delle pose. Ed il biondino alla fine pure. Ma io la cosa non la trovo scandalosa..... anzi. Pat Sansone (il biondino, nda) l'ho trovato di una teatralità geniale su "Wheel". Jeff rideva come un matto aspettando la nuova posa che avrebbe fatto su ogni riff di chitarra.

luciano said...

Non conosco Minerva, ma avendo occupato sabato sera il posto n.38, fila 4, sicuramente ci siamo incrociati al Conservatorio e condivido, magari accalorandomi un po’ meno, la sua impressione: anch’io sono rimasto un po’ stupito/deluso da alcuni commenti.

Addirittura, rincasando, sabato notte, la mia amica Francesca commentava che ci sono concerti in cui si percepisce che i musicisti che stanno sul palco si divertono proprio a suonare e che quello di sabato era proprio uno di quei concerti: evidentemente le impressioni (e non potrebbero essere altrimenti, del resto) sono del tutto personali.

La mia è che può anche essere vero che all’inizio fossero un po’ freddini, ma se fossero scesi dal palco dopo “Ashes of american flag” e “Remember the mountain bed” (la mia preferita in assoluto tra le canzoni dei due volumi di Mermaid Avenue, arrivata del tutto inattesa e dopo che, coincidenza, la avevo riascoltata a casa prima di uscire per venire al concerto) probabilmente sarei andato a casa comunque convinto di aver speso bene i miei 42 euro (esagero un po', lo ammetto).
E credo anch’io che alla fine se la siano goduta pure loro (e non solo noi).

Quanto ai “capelli da contratto”, l’unica foto che io abbia mai visto in cui Jeff Tweedy è pettinato, la trovate qui: http://en.wikipedia.org/wiki/File:Childtweedy.JPG....

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